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342 memorie inutili


Continuai ad essere buon compare ed amico domestico della Ricci per consuetudine e per difenderla da’ suoi nimici, ma un poco piú attento sulla di lei direzione e per prendere norma nella mia. Le sue doglianze sul poco stipendio e le sue grida di non voler servire per ciò ch’ella considerava vile onorario al di lei merito, erano eterne e mi seccavano. La sua firma di servire per tre anni e le mie esortazioni erano per lei inezie. Osservava io che alcune sere venivano de’ gondolieri a picchiare alla porticella del palco scenario e a chiedere la signora Ricci per alcune dame che la desideravano nel palchetto. Erano ben altro che dame, come seppi coll’andare del tempo.

Non trovava da lei visite di persone generalmente conosciute viziose e splendide nella lussuria, e perciò seguiva a visitarla familiarmente e ad assisterla.

La casa da lei presa a pigione era sufficiente e vicina al teatro in cui ella recitava e d’un fitto tenuissimo. L’uscio era in una strada di continuo gran passaggio di gente.

Ella mi disse un giorno che quella abitazione era troppo angusta, che doveva accogliere nuovamente il marito che si diceva risanato; ma che voleva stanze a di lei comodo e separate dal marito, per tenere il consorte diviso di camera e di letto, non fidandosi della di lui sanitá.

Prese dunque a pigione una casa molto piú lontana dal suo teatro, con un aggravio di quasi il doppio di quello che pagava, esponendosi ad una spesa di trasporti, di pittori, di legnaiuoli, ecc., assai contraria a quel stipendio ch’ella predicava mendico.

Il mio insinuarle moderazione era favellare a un pilastro. Tuttavia non mancai de’ miei soccorsi possibili in questa sua nuova risoluzione ch’io non condannava in tutto.

Il peggio fu che questa novella abitazione era in un luogo rimoto e in un viottolo solitario per cui non passava nessuno; scelta che snodava le lingue de’ suoi compagni e delle sue compagne invidiose e nimiche a de’ turpi giudizi temerari e a delle ciarle di ragionati sospetti di secretezza, alle visite clandestine ed a’ garbugli mercenari, delle quali cose la giudicava incapace, forse per mia sciocchezza.