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parte seconda - capitolo xv 329

costato un passo falso, della cochetteria interessata e quel suo maledetto raso.

— Questa non è la congiuntura d’allontanarmi da voi — diss’io. — Quel vecchio offende voi ed offende me ad un punto, ad onta de’ benefici che ha ricevuti e riceve da me. Proccurerò di farlo moderato senza schiamazzi, ch’io non mi degno di fare, e senza solennitá. Il mio dubbio è che voi possiate darmi argomento di abbandonarvi per altri trapassi. Per questo, siate tranquilla, non vi abbandonerò.

Mi portai alla prima prova d’un’opera scenica che aveva donata alla compagnia, la qual prova non era che una lettura d’incontro delle parti distribuite con tutti gli attori e le attrici seduti in circolo.

Il Sacchi con viso burbero non desisteva di dare delle frecciate di acerbe parole alla Ricci alla presenza della comica assemblea, e mostrava di rimproverarla sugli amori che correvano tra lei e il comico Carlo Coralli, ch’era nel circolo.

Forse egli cercava, pensando nel suo astuto modo fangoso di destare in me della gelosia di quel comico, senza riflettere ch’io vedeva volontieri assistente e amico della Ricci quell’uomo, come oggetto povero che non poteva por la Ricci in un aspetto infame di mercenaria dissoluta. Io non era geloso che della mia riputazione, ma i comici non pensano con sottigliezza e delicatezza.

Dinotai qualche impazienza e qualche nausea sui modi tenuti dal vecchio contro una mia comare, senza degnarmi di profferire parola.

Conosceva che il maggior castigo per i comici è il ferirli nell’interesse, idolo loro, e però disposi di porre a freno quell’uomo bestia dalla parte dell’interesse, senza far romori.

Sospesi le mie visite dalla Ricci. La sera non fui ne’ stanzini del palco scenario, com’era solito, e la mattina susseguente non comparvi alla seconda prova dell’opera mia. Bisbiglio comico.

Ecco alcuni de’ comici da me a chiedermi se fossi in poca salute. — Sto perfettamente — diss’io. — Ma che vuol dire — chiesero essi — che non ci ha favoriti ieri mattina alla prova