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parte seconda - capitolo xiii 315

state contribuite tre lire il giorno alla di lui sussistenza per alcuni mesi, quantunque non servisse in quel frattempo la compagnia della di lui professione. Mi aggiunse: — Nel corso di quei mesi o egli guarirá o morirá. Di cosa nasce cosa; ma è ben difficile il trovare persona di direzione che si esponga a separare un marito da una moglie, senza strepito, senza dicerie e con prudenza.

Credei la persona piú opportuna in tal maneggilo la signora Emilia Ricci, madre della mia comare, ch’era in Venezia.

Mi portai con sollecitudine da quella femmina, e informatala di tutto a puntino, la consigliai a condurre con cautela e da buona madre quest’affare, trattandosi della salvezza della di lei figlia e degli innocenti figliuoletti.

Ella esagerò de’ ringraziamenti per il bene ch’io aveva proccurato e sopra la generositá del Sacchi. Si mostrò disposta a condurre la faccenda, e la credei capace, per esser ella assai destra e per aver ella esercitata la professione di comica nei suoi buoni tempi.

Ecco il concerto: ch’ella farebbe esaminare l’infermo da un suo amico medico, dottore Trivellati; che senza disperare l’ammalato di guarigione, gli farebbe proibire di affaticare i polmoni, coll’alienarsi dal recitare. Lo farebbe consigliare a portarsi nell’aria sua natía di Bologna in quiete per alcuni mesi, con una prescritta medicatura; che quanto alla sua povertá, si tenterebbe di far discendere il Sacchi a qualche contribuzione giornaliera per que’ mesi che stesse in medicatura appresso i suoi parenti in Bologna.

Il concerto non poteva esser migliore, se quella madre lo avesse eseguito come prometteva.

Giunta la mia protetta comare in Venezia, fui a visitarla. Ella venne a incontrarmi co’ suoi soliti modi, che avevano tutta la apparenza della cordialitá. La vidi estremamente scarnata, pallida e afflitta.

Le chiesi il di lei stato. Mi rispose con un atto di disperazione e con del timore d’essere udita: — Signor compare, sono fuori di me; mio marito sputa continuamente sangue marcioso.