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CAPITOLO XII
Prima di concedere la mia societá fissa e dichiarata alla vista di tutti a quella ben disposta giovane attrice, per quanto parevami di poter indovinare, parvemi anche di poterle dire: — che ella era in una compagnia comica in cui (fosse impostura o virtú) si ostentava una esemplare onestá e si abborrivano le turpitudini e i garbugli prezzolati; ch’ella era stata dipinta con del calore da alcune lingue maligne (forse ingiustamente e per gelosia di mestiere) cochettina, insidiatrice venale, ricamata con de’ racconti d’aneddoti poco onorevoli e predicata d’un carattere da guardarsene; che in vero la sua povertá e il suo contegno da me sino allora osservato dicevano il contrario; ch’io le sarei stato quel buon amico ch’ella dimostrava di desiderare, e che non averei avuto nemmeno riguardo ad esserle visita giornaliera com’ella bramava e amichevole accompagnatore nel pubblico quando potessi, avvertendola tuttavia che non averebbe trovato in me un presumitore o pretensore di ricevere de’ favori, né un loquace galante intrattenitore dicitore di nulla, e nemmen per sogno un adulatore; ch’io era però un uomo, ma un uomo capace di riflettere e capace del freno della ragione; ch’io conosceva che l’etá mia di verso i cinquant’anni non doveva concepire delle lusinghe sproporzionate, e che il mio temperamento flemmatico e niente acceso mi concedeva la padronanza di me medesimo; che non sarei stato indiscreto nel pretendere che ella si alienasse dalle ricreazioni decenti, dalle amicizie non sospette e dagli onesti sollievi que’ giorni e quelle sere che non fosse obbligata alla sua scenica ispezione; che la riserva nel costume in una comica raddoppiava il partito e gli applausi alle di lei abilitá; che se, per disgrazia e non per mala