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sostenere i buoni pronostici che aveva fatti sopra alla Ricci e il mio puntiglio in favore di quella e l’utilitá di tutta la compagnia, se fossi stato meno filosofo democratico, averei trovate mille occasioni di mandare al diavolo quella societá per le stolide passioni private che la dominavano e spesso m’offendevano.

Sussurrando nascostamente d’orecchia in orecchia tra’ comici, si dipingeva il mio dramma languido e seccatore. Si adduceva che, essendo composto spoglio di tutte le maschere le quali godevano la grazia pubblica, sarebbe precipitato. Si detestava la mia disposizione, fatta per una debile cecitá e ostinazione, della parte principale di quell’opera per una comica incapace di sostenerla, ch’era giá screditata e in disprezzo del pubblico. Si opponeva qualche spesa occorrente di decorazione e di vestiario per quel dramma, e si giudicava quella spesa gettata e un danno evidente per la compagnia.

Tutte queste civili difficoltá mi si tenevano celate al possibile, ma la tardanza di porre in iscena l’opera mia, l’indolenza, il silenzio, i pretesti freddi me le palesavano.

La Ricci fremeva, ed io rideva esortandola a lasciare a me il pensiero di vincere grado grado tutte le sue avversitá.