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CAPITOLO IX

Comparsa della attrice Teodora Ricci sul teatro di Venezia con poca fortuna.

Cagioni che m’impuntigliarono a sostenerla.

Fu di ritorno a Venezia la mia scenica falange ed entrò per la prima volta in possesso del teatro in San Salvatore, mancante di qualcheduno de’ suoi buoni soldati, particolarmente di Cesare Derbes, valentissimo.

Vollero i direttori politici di quella truppa tener il pubblico nella brama di vedere la novella attrice per alcune delle prime sere. Non si bada nelle universitá comiche di pregiudicare né di sacrificare un nuovo personaggio tenendolo nascosto, coltivando il desiderio del pubblico e una troppo grande dannosa prevenzione. Esse dicono: — Siamo tutti nuovi le prime sere, dopo sei mesi d’assenza d’una metropoli bramosa d’un divertimento teatrale, ed abbiamo il ricinto pieno naturalmente. Serbiamo il nuovo attore per fare un invito calzante quando incomincia la scarsezza di spettatori, e la curiositá condurrá una calca. Vada bene o vada male, averemo quella sera la borsa piena. — I nostri comici non hanno per guida che l’aviditá di danaro.

Fu esposta al pubblico la povera Ricci con un invito altisonante e con La innamorata da vero. Opera nuova, attrice nuova, teatro pieno.

Quantunque la mia capricciosa composizione per i suoi molti ingredienti sia stata acclamata per molte repliche, si decise che la Ricci era soltanto un’attrice appena scusabile.

Il giubilo di alcune comiche della compagnia, benché da esse raffrenato, trapelava. Io sorrideva e mi piccava ancor piú in favore della oppressa a torto, perocché scorgeva in lei, al contrario degli altri, somma abilitá e somma disposizione alla bravura.