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Il mio Manifesto pubblicato dal cittadino Palese è un foriere che avvisa della pubblicazione di due grossi volumi delle Memorie della mia vita, da me scritti sin dall’anno 1780, e che furono tenuti inediti sin ora da una forza e da una violenza che sarei stato uno stolto a non obbedire, e come favorirete di leggere e di rilevare nella mia prefazione posta al primo volume di quelle frivole e stucchevoli Memorie.

Siccome in questo secondo volume di quelle Memorie esiste per incidenza, in tutta la sua estensione e in una risplendente veritá, narrato l’accaduto tra me e l’infelice Gratarol, la mia legittima giustificazione, il di lui affascinamento, le di lui imprudenze, il di lui inganno da cui rifiutò sempre d’esser guarito (volendomi egli con una non piú intesa ostinazione in concerto co’ suoi pur troppo crudeli e ingiusti oppressori, per poter poscia svelenarsi anche contro di me con delle vilissime e laide dettrazioni alla mia innocente riputazione, eternandole con delle pubbliche stampe in un libro da lui e da voi creduto Apologia); non v’è uomo cristiano e democratico che, in un momento fortunato di libertá, deva desiderare o consigliare un uomo d’onore e fedelissimo vostro concittadino a rimanersi con una menzognera marca d’infamia non smentita e non rintuzzata e a tener inedite le sue veraci Memorie, come voi v’ingegnate affettatamente di consigliarmi.

Nel mio Manifesto, ch’è foglio volante e smarribile, non si leggono che delle cose accennate in astratto; e voi mi vorreste imbecille a segno d’esser contento di quello e di tener in silenzio le prove da me promesse ad un pubblico, per una vostra privata e, riguardo a me, ingiusta passione? Siate giusti e democratici veri.

Pretendo che siate certi che, se non avessi veduta inaspettatamente la nostra cittá innondata da piú stampatori a gara, mossi dall’aviditá d’un schifo mercimonio o mossi da’ vostri appassionati stimoli della nuova ristampa della Narrazione del Gratarol; o per lo meno se si fosse avuta l’urbana avvertenza di por tre righe di dichiarazione sull’errore ostinato di quel misero rabbioso scrittore riguardo a me, le quali mi separassero