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che usciva il foglio la bottega del Colombani era un sciamo di comperatori di quella novitá.

Que’ fogli portavano il titolo d’Atti granelleschi. Io darò qui un solo epigramma incluso in quelli, stampato nel foglio del dicembre 1760, diretto al Chiari, che co’ suoi sonettazzi manoscritti aveva preteso di vilipendere l’accademia.

La composizione è del coltissimo patrizio commendatore bali Giuseppe Farsetti, e la parafrasi in italiano, ch’io pur registro, è dell’ora defunto ottimo giovane, indefesso studente ed erudito Giannantonio Deluca, tra i granelleschi «il Manzino»; e puossi quest’epigramma considerare come preludio agli Atti che seguitarono:

     Maeonides risere, quod ipsas invocet Aulus,
chartae pernicies Aulus et exitium;
     qui genio indulgens versus sine fine pudendos
evomit, eternas et cacat Iliadas;
     quique sophocloeo suras vincire cothurno,
plautinosque audet contaminare sales.
     Mine magis atque magis, geminato musa cachinno
risit, et hoc Aulo misit epistolium:
     «Non mihi, sed scombris foetentibus, imo latrinae
debentur foetus, ambitiose, tui».

Parafrasi

     Scoppiar di risa le meonie dive,
che Ciacco le invocasse, Ciacco peste
e struggimento di gualchiere e carta;
il quale dal farnetico invasato
senza mai rifinar rece de’ versi
stomacosi, ed Iliadi eterne caca,
e vestir osa le polpaccie indegne
di sofocleo coturno, e i puri sali
contaminar di Plauto. Or dalle risa
piú e piú le muse ismascellar di pria,
e ne spedirò a Ciacco cotal motto:
«Dennosi, o vanarel, tuoi sozzi parti
agli fracidi sgombri e alle sardelle,
e anzi ad un cessame, e non a noi».