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212 memorie inutili


Non mi fermai in questo ridente intreccietto di cose. La mia baldanzosa e allegra Tartana conteneva in vero alcuni spruzzi satirici in astratto e generali sopra alle commedie che correvano allora in su’ nostri teatri, e il Goldoni sbuffando se li era appropriati.

Nelle sue terzine d’invettiva al mio picciolo volume aveva egli posti due versi causidici contro a me, ch’erano una specie di sfida. Eccoli:

     Chi non prova l’assunto e l’argomento
fa come il cane che abbaia alla luna.

M’accinsi a scrivere un altro libretto, che provava «l'assunto e l’argomento», e che aveva la forza non meno d’una prova evidente che quella di far ridere chi lo leggeva o l’udiva a leggere.

Radunava in quell’opuscolo mentalmente i nostri accademici granelleschi un giorno di carnovale all’osteria detta «del Pellegrino», che riferisce colle finestre sopra la piazza di San Marco, ad un pranzo.

Quivi affacciatisi i sozi miei per vedere le maschere, scopriano una mostruosa maschera, con quattro faccie differentissime l'una dall’altra, entrare nell’osteria.

La pregavano a entrare nella nostra stanza per esaminare tanta mostruositá.

La maschera dalle quattro faccie e quattro bocche era la commedia intitolata Il teatro comico del Goldoni, da me personificata allegoricamente in quella maschera.

Il teatro comico personificato voleva fuggire cruccioso, appena ravvisava in me lo scrittore della Tartana; ma era trattenuto e obbligato a sostenere meco un dialogo ad offesa e difesa sopra a’ suoi parti teatrali.

Sostenni e provai in quel dialogo ch’egli aveva cercati la fortuna e il concorso ne’ teatri, piú col cambiare aspetto a’ suoi generi dando loro di quando in quando un’aria di novitá, che col vero merito di attrazione di quelli.

Sostenni e provai che, passato egli dal schiccherare de’ soggetti in abbozzo per la sussistenza dell’antica commedia italiana