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Mi lusingo di non avere necessitá di persuadere i lettori ch’io non registro queste veritá per ambizione.

Non conosceva il signor Lami né il padre Calogerá. Non carteggio co’ famosi letterati per fabbricarmi delle testimonianze vantaggiose dalle naturalmente civili e adulatorie loro risposte. Non mi degno di circuire giornalisti, gazzettieri, né scrittori di fogli periodici, perché co’ loro giudizi impongano e persuadano infiniti ignoranti ch’è buono ciò ch’è cattivo e ch’è cattivo ciò ch’è buono, per le sentenze de’ lor tribunali. Seppi ognora umiliare abbastanza il mio amor proprio e disprezzare le mie letterarie bazzecole da me medesimo. Considerai sempre vilissimi que’ scrittori che, colla impostura di tali estorti o pagati sotterfugi, cercano di soddisfare la loro boria letteraria e di farsi creare profondi autori dal mendicume de’ falsi attestati imponenti alla vasta ignoranza.

Ebbi del sentimento di gratitudine per il signor Lami e per il padre Calogerá, sembrandomi di scorgere in essi un genio uniforme al mio e una persuasione ch’io avessi dette delle veritá per scuotere la gioventú guasta dagli andazzi d’incoltura e di corruttela nel scrivere.

Infatti, quantunque la mia Tartana fosse rigidamente composta d’un linguaggio litterale toscano e d’uno stile imitatore de’ poeti antichi della Toscana, testi di lingua, particolarmente di Luigi Pulci, il libretto era ricercatissimo, prestato, letto, interpretato, applaudito da’ giusti intelligenti; giudicato una maligna satira da’ partigiani goldonisti e chiaristi depravati nel gusto.

Forse la scarsezza di copie degli esemplari di quell’opuscolo e il suo arrivo da Parigi erano le principali cagioni della di lui fama.

Tuttavia egli cagionava tanta elettricitá nel pubblico e tante dispute; tanti erano i giovani studenti che cercavano di conoscermi e ch’io feci arruolare nella nostra gioviale, inconcussa granellesca accademia, che credei ragionevole la mia speranza di veder risorgere un novello andazzo di coltura, per lo meno nelle opere di spirito.

Fu per ciò ch’io mi proposi di sostenere il mio picciolo sassolino scagliato nel vespaio della depravazione, e di ribattere