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parte prima - capitolo xxxiii 201


Mio fratello Gasparo, che vide ingiustamente vilipeso Dante, quel lume risplendentissimo non offuscabile, illustratore dell’Italia, resistente nella venerazione degl’intelletti per tanti secoli e vilipeso da chi non lo intendeva o fingeva di non intenderlo per primeggiare con una infantata originalitá, scrisse un libro intitolato Difesa di Dante, e lo fece uscire dalle stampe al pubblico. Se gli intelligenti non avessero accordato che quel libro è pieno di veritá e di bellezze rintuzzanti e vittoriose sulle arroganti puerili derisioni del signor Bettinelli, non oserei di lodare un’opera d’un mio fratello. Ella è una bell’opera.

Qual pro da queste opposizioni? Tutte le novitá, sieno o non sieno novitá, basta che ne abbiano l’aspetto, hanno il vigore di sedurre e di susurrare un numero infinito d’intelletti non conoscitori del vero, suscettibili d’un romoroso fanatismo; numero che supera in seimila doppi il numero di que’ pochi i quali, fedeli alla veritá, la seguono anche in quel pozzo in cui la impostura la sommerge.

Ebbi sempre l’ardire che hanno i politici nell’innalzare la mente e nel guardare, come da un’altezza, la bassa valle dell’umanitá, ma con questa differenza: essi guardano cotesta valle come abitata da un bulicame d’insetti da poter opprimere, costringere e dirigere come ben torna loro, né si degnano poi di piú abbassarsi alla fratellanza di quest’insetti, sino che la morte non gli affratella. Io guardo la stessa valle come popolata da’ miei simili, fo le mie osservazioni, rido de’ loro scorci, de’ lor movimenti, de’ loro divincolamenti, indi m’abbasso al mio prossimo, m’associo nuovamente con lui, e assicurandolo che siamo tutti ridicoli, proccuro di farlo ridere non meno di lui che di me nelle prove della mia proposizione.

Non ha bisogno di studiare l’astronomia per sapere se vi sieno de’ pianeti dominatori dell’umano pensare.

De’ semi naturali di leggerezza, d’incostanza, di noia, di brama di novitá, de’ quali abbiamo pregni i nostri cervelli, pullulando cambiano il pensare de’ mortali, e cagionano degli andazzi che tutte le gómone di tutti gli arzanali del mondo non frenerebbero nella estensione del loro periodo. Esaurito un andazzo, i semi