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alla brigata d’alcune fette di prosciutto friulano eccellente, il qual dono aveva la virtú di farmi distinguere, ed era assai rispettato per cosí picciolo tributo.

I caratteri de’ miei sozi mi dilettavano, e i racconti de’ loro casi, delle loro baruffe, delle loro riconciliazioni, de’ loro amori, delle loro sciagure, narrati col loro frasario e colla veneta vivacitá, mi piacevano e m’istruivano.

Questa specie di gente onorata e godibile è ora imbastardita ni Venezia, a misura del guasto negli animi e nel costume introdotto dalla scienza del secolo, che va fiancheggiando piú l’inganno che la lealtá. Qua lche veneto «cortigiano» ancor vivo confessa questa veritá battendosi la fronte, rammemorando i suoi sozi antichi e gli antichi suoi tempi, con delle commiserazioni sull’etá nostra e sulla razza de’ «cortigiani» corrotta.

Quanto alla famigliare amministrazione, proccurava di non di sturbare nessuno perché non fosse disturbato mio padre, non lasciando però di studiare la condotta, i movimenti, i maneggi e i raggiri che si tenevano.

Qualche ebreo, qualche sensale e molte femminette da servigi, ch’entravano, uscivano, ritornavano a confabulare in secreto colla moglie di mio fratello, erano calamite a’ miei sguardi e alla mia affaccendata penetrazione. Dolevami di vedere mio fratello Gasparo sempre filosofo, sempre poeta, e nemmeno per qualche momento economo, ma dolevami cheto e tra me medesimo.

Aveva tre sorelle in casa. Osservava venire alla conversazione de’ giovanastri calabroni franchissimi, e confesso che questa sola circostanza scuoteva alquanto la massima da me presa di sostenere un’esterna indifferenza sopra a tutte le mie scoperte.

Entrava io in casa, guardava que’ visitatori ciarlieri con vaso burbero, traeva il mio cappello e lo rimetteva tosto, e volgendo loro le spalle saliva al mio stanzino e a’ miei libri, col desiderio che que’ signori s’avvedessero ch’io non era contento della loro societá.

Non m’ingannava sulla lusinga dell’effetto del mio contegno. Mi fu detto dalla signora cognata, che s’arrischiò a farmi una