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atto primo 231

Ism. Pace! pace!
     Amor mi tenne, e sino all’ultim’ora
     Presso mi volle. I detti suoi mi sono
     Fitti nell’alma, e tante acute spine
     Saranno a questo seno eternamente.
     Non pianger, mi dicea, volontier muoio,
     Che la crudele posseder non posso.
     Scusami al Re, mio padre, che partito
     Son dalla Corte sua senza un addio.
     Dì, che ’l timor, ch’ei s’opponesse allora
     Al mio desir, mi fe’ disubbidiente.
     Questo ritratto mostragli, (trae dal seno un ritratto) Veggendo
     Tanta bellezza dell’altera donna,
     Mi scuserà, piangerà teco il mio
     Caso crudel. Ciò detto, cento baci
     Impresse in questa maledetta effigie,
     Poscia il suo collo espose, e vidi a un tratto
     (Orribil vista, che natura oppresse!)
     Sangue spruzzar, busto cadere, in mano
     Del ministro crudele il caro capo
     Del mio Signor. Fuggii, d’orror, di doglia
     Desolato, acciecato. (getta in terra, e calpesta il ritratto) O maladetto,
     Diabolico ritratto, quì rimanti
     Calpestato nel fango. Almen potessi
     Calpestar teco Turandotte iniqua.
     Ch’io ti rechi al mio Re? No, Samarcanda
     Più non mi rivedrà. Piangendo sempre
     In un diserto lascierò la vita. (parte furioso)