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48 la marfisa bizzarra

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     E benché mille truffe fatte avesse
e disertati mille poveretti,
noi concedeva, e parmi ch’ei dicesse
che gli erano obbligati de’ farsetti.
E dicon gli scrittor che pretendesse
un nobil nato non abbia difetti,
e che a un uom d’arti inique e vizi pieno
fosse la nobiltá contravveleno.
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     Donde intuonava quasi ogni momento
la somma antichitá del suo casato.
Credo e’ dicesse discendea dal vento
e d’aver sangue netto di bucato.
Ma si ridusse alfin in si gran stento,
che piú in Guascogna non era guardato,
e stava per morirsi dalla fame,
- e mal dormia, pisciando in un tegame.
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     Mi piacque un caso che di lui si legge.
A un creditor, che gli era sempre a fianco,
disse un di: — Tu mi par di buona legge.
Io mi vo’ far di quel debito franco,
s’io ne dovessi andare a pezzi e in schegge,
perocché tu debb’esser molto stanco.
Io deggio darti que’ ducati mille,
che sento al cor per altrettante spille.
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     Ho un capital che agli antenati miei
costò tremila scudi e piú qualcosa.
Io tei vo’ dare, e immaginar ti dèi
che m’esce dalle viscere tal cosa.
Sino a un grosso il di piú chieder potrei
d’investitura tanto preziosa.
Danne mille in aggiunta al mio dovere,
e ristrumento cedo in tuo potere. —