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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Geronte, Dorval.

Geronte. Andiamo, andiamo, basta così. Giochiamo, e non me ne parlate più.

Dorval. Ma, caro amico, si tratta d’un vostro nipote.

Geronte. D’uno sciocco, d’un imbecille, che è lo schiavo di sua moglie, e la vittima della di lei vanità.

Dorval. Moderate la vostra collera.

Geronte. Eh voi colla vostra indolenza insipida, voi mi fareste arrabbiare.

Dorval. Io parlo per il ben comune della vostra famiglia, per l’onor vostro medesimo, per la vostra tranquillità.

Geronte. (Sedendosi) Prendete una sedia.

Dorval. (Con aria di compassione nell’atto ch’avvicina la sedia) Il povero giovine!

Geronte. Vediamo; riproviamo quel gioco d’ieri.

Dorval. Voi ve ne pentirete.

Geronte. Di che avrei da pentirmi? Son sicuro di vincere.

Dorval. Se non gli prestate un pronto soccorso, voi ve ne pentirete.

Geronte. Soccorso! A chi?

Dorval. A vostro nipote.

Geronte. Eh! io parlo del gioco1 e voi mi rompete il capo parlandomi di quel pazzo, che non merita la mia attenzione; accomodiamo il gioco com’era, e vedrete se io ho torto, o ragione, quando vi dico che una distrazione mi ha fatto perdere la partita.

Dorval. Son pronto a soddisfarvi; ma fatemi il piacere d’ascoltarmi un momento.


  1. Nel testo qui è stampato giuoco