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176 ATTO TERZO


padre di salvar il decoro della famiglia, e soprattutto vi avverto, non rammemoraste mai per vostra giustificazione, che egli vi ha consigliato a un tal passo, e che vi ha dato cinquecento ghinee per l’esecuzione.

Filiberto. Vi ho comandato di non parlarne. (a Giannina, con sdegno)

Giannina. Non ho fatto che partecipare allo sposo il vostro comando.

Riccardo. E bene, monsieur Filiberto, siete pacificato?

Filiberto. Che volete ch’io faccia? Sono costretto dalla necessità, dall’amore, dalla dabbenaggine mia a pacificarmi. Non so che dire. Siete sposi, siete in casa, stateci, che il cielo vi benedica.

Giannina. Oh consolazione perfetta!

Cotterie. Signore, spero che non avrete a pentirvi di avermi compatito e beneficato.

Marianna. Zitto, presto, che nessuno lo sappia.

Filiberto. Che hai ora?

Marianna. Vi è un’altra picciola cosa presto e zitto da terminare. Guascogna ha da esser mio marito. Con licenza di lor signori.

Guascogna. Con licenza del mio padrone. (si danno la mano)

Marianna. Zitto e presto, che nessuno lo sappia.

Giannina. Di questo tuo matrimonio non vi è niente che dire. Del mio potrebbesi mormorare, confessando da me medesima aver trascorso i limiti del dovere, mancando del dovuto rispetto al padre, ed esponendo al pericolo il decoro mio ed il buon nome della famiglia. Il mondo, che ora mi vede contenta, e non punita, guardisi dal ritrarne cattivo esempio. Dica piuttosto, che il cielo ha voluto mortificare il padre, e non esenta dai rimorsi e dai timori la figlia. Umanissimi spettatori, sia il frutto di questa nostra rappresentazione la cautela nelle famiglie, e sia effetto della vostra bontà il vostro umanissimo aggradimento.

Fine della Commedia.