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168 ATTO TERZO


che andasse. Tutta opera mia. Le lacrime della fanciulla hanno intenerito la buona vecchia, ed ella ha condisceso alle nostre nozze. Buono, buono, non poteva andar meglio. Si è mandato a chiamare un notaro, ed alla presenza di due testimoni abbiamo celebrati gli sponsali. Benissimo, si è portato bene. Non posso per altro esprimervi la mia confusione, e non avendo io coraggio d’impetrar più oltre la grazia Vostra, suppliranno i caratteri di vostra figlia, a cui perdonerete forse più facilmente, e vi bacio le mani. Che cosa mai vuol da me, che non ha coraggio di chiedermi, e si vale di mia figliuola per ottenerlo? Leggiamo l’inclusa. Convien dire, ch’egli sia andato subito da mia sorella per comunicare il fatto a Giannina. Che dice la mia figliuola? Carissimo Genitore. Scrive assai bene, ha un bel carattere mercantile. Gran brava fanciulla! Il cielo me la benedica. Permettetemi che col mezzo di questa carta mi getti a’ vostri piedi, e vi domandi perdono. Oh cieli! che cosa ha fatto? Assicurata da voi medesimo del consiglio che deste a monsieur de la Cotterie, e del denaro somministratogli per l’effetto, mi sono abbandonata alla mia passione, ed io ho sposato il tenente. Ah indegna! Ah mentitore! Traditori, ribaldi, mi hanno assassinato.

Guascogna. Che c’è, signore?

SCENA III.

Marianna e detti.

Marianna. Che cosa è stato, signor padrone?

Filiberto. Aiutatemi, sostenetemi. Non mi abbandonate per carità.

Marianna. Che cosa può far per voi una sciocca?

Filiberto. Hai ragione. Beffami, vilipendimi, bastonami ancora. Io lo merito, e ti do licenza di farlo.

Marianna. No, anzi vi compatisco.

Filiberto. Non merito di essere compatito.