Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/96

88

piosamente imbandite a tutte l’ore. Le ville non sono più modesti caseggiati costruiti e arredati proprio e solo pel ristoro dell’anima e del corpo. Sorgono lungo la Brenta, lungo il Terraglio, sontuosi palazzi che costano talvolta oltre un milione di ducati d’argento. Architetture, affreschi, bronzi, tutto d’artefici eminenti. Nei giardini piante rarissime di serra, o, artificiosamente composte e tagliate, all’aperto; giuochi d’acque, statue, uccelliere gremite di volatili superbi. Gare tra villa e villa nel trarre a sè il maggior numero di ospiti e i nomi più sonori. Chi men può, s’ingegna di seguire gli altri, e i piaceri in mezzo al verde si scontano con mille stenti e vergogne in città.

Carlo Goldoni avrebbe conosciuto, assicura, le delizie della villeggiatura già bambino, in riva al Sile, con quel nonno che i documenti fanno morto prima che egli nascesse. Certo più tardi ebbe occasione di gustarle nelle ville d’amici e mecenati. Come a Bagnoli in quel di Padova l’anno 1754, ospite di Ludovico Vidiman. Di tal soggiorno si fa simpatica menzione nelle Memorie (P. II, cap. XXVI) e nelle ottave del Pellegrino. Egli che aveva recato già più volte sulla scena vita campestre e villeggiature — nel Prodigo con intenzioni di satira, — godeva sì come gli altri, ma più degli altri, conforme l’abito suo, osservava. Acquistano così nella sua fantasia forma e colore nuove composizioni, quali i Malcontenti, la Villeggiatura. Dalla tela dei Malcontenti nasce e si svolge più tardi tutta una trilogia, leggiadra e pungente epopea degli spassi villerecci de’ Veneziani. Ai nobili però la critica comodava solo se esercitata su «zente ordenaria». Sulla propria pelle no. E quelle due commedie aveano ferito più d’uno. Si diceva: «No sta ben de publicar certi costumi a suon de campanela» (Componimenti diversi, Venezia, 1761, I, p. 159). Ma a buon conto solo nel Prodigo la scena è proprio sulla Brenta. Non danno recapito alcuno i personaggi della Villeggiatura. I malcontenti smaniano a Milano; quelli della trilogia a Livorno, e la villeggiatura è in quei pressi: a Montenero.

Tolto il particolare tutto esteriore del luogo d’azione, il Goldoni fu anche nella trilogia dipintore fedelissimo del costume veneziano e se ne convince chi veda ciò che degli ozi campestri scrive Pompeo Molmenti, lo storico geniale della vita dei Veneziani, così nell’opera sua maggiore (Storia della vita privata de’ Veneziani, Bergamo, 1913, vol. III, cap. VII) come in un saggio speciale (Le Villeggiature, ed. Rasi, 1909), e sarà tutta a gloria del Nostro la prova. Utili raffronti col Goldoni forniscono anche certe piacevoli pagine del Longo (Memorie scritte e pubblicate per umiltà, vol. I, cap. XII, XIII), un brillante articolo di Sordello [Dino Mantovani], Capitan Fracassa, Roma, 18 settembre 1887), il garbato sermone di Gaspare Gozzi Del villeggiare, un capitolo di Giulio Trento (La Villeggiatura, Treviso, 1795), e del Lamberti prose e poesie (Le quattro stagioni, Giornate cittadine e campestri e Memorie (manoscritto della Marciana). Aggiungi ancora qualche saporoso verso d’ignoto (A. Pilot, in Fanfulla della domenica, 28 dicembre 1913).

La commedia dei Malcontenti s’era rappresentata una volta soltanto e neanche a Venezia. Eppure, avverte l’autore nella Premessa, l’argomento poteva essere «utile molto alla società, prendendo di mira un pregiudizio, che tanto si è dilatato» (vol. XII, pag. 229). Tornò, meglio armato, alla carica sei anni dopo. Fu così che nell’Introduzione alle recite autunnali del 1761 al San Luca