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Carluccio. Vo’ per appartamento un magnifico quarto,

E voglio la carrozza, e il piccolo vestiario,
Che ai musici miei pari si dà per ordinario;
E voglio che si faccia quel libro che vogl’io,
E mettere nel libro le arie a modo mio.
E voglio....
Alì. To voler star troppo impertinente.
(si alza con sdegno)
Carluccio. No, signor impresario, servitor riverente. (parte)
Alì. Tanti, tanti aver fatti negozi in vita mia,
Negozio per teatro non saver cosa sia.
Se musichi star tutti come costù parer, (siede)
Star salda nell’impegno testa mia non poder.
Se omo star insolente, femena star bonina,
Mi aver tanto piacer de mia graziosa Annina.
Annina. L’am fa troppa finezza. La dega, lam perdona,
Sa vegnirò con li, faroi da prima donna?
Alì. Sì, star prima venuta Annina a mio quartier.
In mio cuor, in mia stima, star prima è de dover.
Annina. Faroi la prema part?
Alì.   Quel che voler ti far.
Padrona de mio cuor ti poder comandar.
Annina. Ai son ben ubligà.
Alì.   Dar a mi to manina.
Annina. Mo sgnor, no da bon.1
Alì.   Cara, via, star bonina.
Annina. Che l’abbia da saveir, che mi per ordinari,
An faz, come fan tanti, l’amour con l’impresari;
Pur trop, in ste mestir, ai nè dei sfazzadoni2
Ch’han l’impresari amigh per far el braghironi.
Da dop ch’a son al mond, sempr’a son sta mudesta;
A dar la man a un sgnour, la ne nè cosa unesta.
Alì. Se star bella, star bona....

  1. Così il testo.
  2. Nel testo sfazzadouni.