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90 ATTO QUINTO

SCENA VIII.

Don Emilio e detti.

Emilio. Conte, che fa il notaro, che scrive in quella stanza?

Gli parlo, e non risponde. Mi pare un’increanza.
Conte. Quel che opera il notaro, pur troppo lo saprete.
Stare in piedi non posso, vi supplico, sedete.
(Ancor donna Felicita comparir non si vede). (da sè)
Livia. (Che sarà, don Emilio?) (piano a don Emilio, sedendo)
Emilio.   (Vediam quel che succede).
(piano a Livia, sedendo)
Brigida. (Non perdere il tuo posto; vattene a lui vicina).
(Dice piano a Rosina, e in questo mentre Riccardo vuol sedere vicino al Conte, ed essa lo trattiene.)
Questo, con sua licenza, è il loco di Rosina.
Riccardo. S’accomodi, signora. (scostandosi) Povero il mio Contino.
Rosina. Gli voglio star dappresso. (siede dappresso al Conte)
Brigida.   (Si è portata benino).
(da sè, con allegria, sedendo)
Ehi! signor, qui vi è un loco; perchè non siede anch’ella?
(a Riccardo, mostrando la sedia a lei vicina)
Riccardo. Starò vicino al solito della mammina bella. (siede)
Emilio. Via, diteci, signore. (al Conte)
Livia.   Ancor non si sa niente. (al Conte)
Conte. Aspettate, ch’io vedo venir dell’altra gente.
Livia. Come! donna Felicita? ancora ha tanto ardire?
Conte. Via, per l’ultima volta lasciatela venire.

SCENA IX.

Donna Felicita, Bigolino e detti.

Felicita. È permesso? (s’inchina, e gli uomini la salutano)

Livia.   (Un litigio costei viene a promovere).
Conte. Favorite sedere. (a donna Felicita)