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90 ATTO QUARTO


SCENA X.

Don Maurizio e detti.

Maurizio. Come! il genero a’ piedi di femmina prostrato?

Qui, Madama? m’avete in tal guisa ingannato?
Madama. Non v'ingannai, signore, qui non m’avrei portata,
Se la figliuola vostra non mi avesse invitata.
Al ballo ora m’invio. Femmina vil si mostra
Colei che grazia nega ad uomo che si prostra. (parte)
Maurizio. Son fuor di me; che intesi?
Conte.   Avete il ver sentito.
Mia moglie, e figlia vostra, a lei mandò l’invito;
S’ora è pentita e freme, che farle io non saprei:
Non voglio comparire ridicolo per lei. (parte)

SCENA XI.

Don Maurizio, poi la Contessa.

Maurizio. Credere a chi degg’io? A lei dalla Contessa

Fu mandato l’invito. Nol credo; ella s’appressa.
Contessa. Ah signor, riparate i miei scorni, i miei danni.
Per tutto ove mi volgo, non ritrovo che inganni.
Maurizio. Ditemi, è ver che voi invitaste alla festa
Madama?
Contessa.   È ver, signore, ma la ragione è questa...
Maurizio. Non odo altre ragioni; così mi basta, e vedo
Che siete forsennata assai più che non credo.
Doletevi di voi, cagion d’ogni periglio:
Da me più non chiedete nè aiuto, nè consiglio.
Contessa. Signor...
Maurizio.   Più non ascolto gli stolidi lamenti
D’una che può sì tosto cambiar di sentimenti.
Contessa. Ah genitor pietoso, uditemi, vi prego;
Io fui che l’ho invitata, l’accordo, e non lo nego.