Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/307


L'AMANTE MILITARE 295


sergente: chi sa che col tempo no arriva a esser qualche cossa de più. In do maniere l’omo se pol avanzar, colla penna e colla spada: ma colla penna se va de passo, e colla spada se va de galoppo. (parte)

Corallina. Sì; ma galoppando vanno più presto all’altro mondo.1 (parte)

SCENA VIII.

Piazza remota.

Don Sancio e don ALONSO, ed alcuni soldati.

Sancio. L’occasion della marcia vi ha facilitata la libertà. Il signor generale ha parlato a don Garzia, ed è la cosa accomodata. Quando il tempo lo permetterà, io vi farò abboccare insieme, e tornerete amici.

Alonso. Vado ad allestirmi per la partenza.

Sancio. Dove?

Alonso. Al mio quartiere.

Sancio. Sapete voi dove sia il vostro quartiere?

Alonso. Non è la casa del signor Pantalone?

Sancio. No; vi fu cambiato. Il vostro equipaggio e il vostro quartiere sono alla locanda del Sole.

Alonso. Perchè questa mutazione?

Sancio. Per levarvi l’occasione di far all’amore.

Alonso. L’amore non impedisce di far il dover mio.

Sancio. Vi fa però cimentar colla spada.

Alonso. A ciò m’astrinsero le impertinenze di don Garzia.

Sancio. Originate dalla vostra passione.

Alonso. Dite più tosto dalla sua indiscretezza.

Sancio. Orsù, or non è tempo di garrire. Due ore mancano alla

  1. Segue nell’ed. Pap.: «Per me non ci penso; vedo che non posso sperar niente da questi soldati. Ecco qui, nemmeno un poco di tabacco. Uno me lo dà e l’altro me lo leva. si sente suonar il tamburo. Capperi! Questa che suona mi pare la generala. L’ho sentita altre volte e credo di non ingannarmi. Dunque marciano davvero. A buon viaggio; quando saranno partiti i soldati, ci attaccheremo un’altra volta a quelli della città, parte».