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L'INCOGNITA 183

getto della mia disperazione, o uscite di questa stanza, o fatemi passare in un’altra. (al tenente)

Tenente. Qui siete in arresto. (a Lelio)

Ridolfo. Fra poco usciremo. Ora non mi getterete più in terra. (a Lelio)

Pantalone. No so cossa dir. Lo compatisso. Sto veder magnar, aver fame, e zunar1, credo che la sia una gran pena), (da sè)

SCENA XXII.

Colombina e detti.

Colombina. Posso venire?

Rosaura. Sì, cara Colombina, venite ad abbracciare la vostra Rosaura, anzi la vostra contessa Teodora.

Florindo. Sì, la mia sposa.

Colombina. Evviva, mi consolo di cuore.

Lelio. Tu, disgraziata, hai sollevato tutti contro di me. (a Colombina)

Colombina. Sì, sono andata io per la terra a battere di porta in porta, per chiamar gente in soccorso di quella povera assassinata. La contessa Eleonora attende con impazienza di vedervi. Andiamola a consolare. (a Rosaura)

SCENA ULTIMA.

Mingone e detti

Mingone. Signore, la padrona è qui collo sterzo, e manda a vedere che novità ci sono.

Ottavio. Ditegli che in questo momento Florindo ha dato la mano di sposo alla contessa Teodora. (Mingone via) Signori miei, invito tutti a terminar la notte in casa mia.

Pantalone. Che i vaga pur; mi resterò per sta notte a far compagnia a mio fio, za che sa el cielo quando lo vederè mai più.

Lelio. Caro padre, vi domando perdono.

  1. Stare a digiuno: v. Boerio.