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178 ATTO TERZO

Lelio. Orsù, Rosaura, è tempo che pensiate a rasserenarvi, considerando che di qui non si esce senza esser mia; siate saggia, e la necessità v’insegni ad accordarmi la vostra mano, se non volete ch’io mi prevalga dell’occasion favorevole per obbligarvi.

Rosaura. Signore, le tante volte che replicate mi avete simili ingiuriose voci, mi hanno insegnato a meno temerle. Vi dirò francamente che invano mi chiedete la destra, e che pria di concedervi una minima parte di questo cuore, spargerò tutto il sangue delle mie vene.

Lelio. Eh, giuro al cielo... Questo sangue che sparger volete... (si sente rumore alla porta laterale) Oh diavolo! Chi mai sarà che entrar tenti per questa porta segreta? Ah, altri che mio padre non può saperla. Ma giuro al cielo, non entrerà. (va a difender la porta, e si sente che la buttano giù) (Mio padre viene ad arrischiare la vita). (da sè) Amici, soccorretemi. (vuol aprir la porta)

SCENA XVII.

Pantalone e detto.

Pantalone butta giù la porta segreta, ed entra con lume e pistoiese.


Pantalone. Fermete, desgrazià.

Lelio. (Ah maledetta porta! Come diavolo l’ha egli gettata a basso sì facilmente?) (da sè)

Pantalone. Tocco de furbazzo! T’ho trova sul fatto. Xe un pezzo che so che ti te diletti de menar donne in sta camera. Cossa fastu de quella povera putta?

Lelio. Ma chi diavolo ha detto a voi che io era qui?

Pantalone. Colombina me l’ha dito. Sì, Colombina m’ha trovà a tola, che magnava la mia panada.

Lelio. Orsù, signor padre, io non sono quel perfido che voi pensate. Questa giovine io la desidero in moglie. Fino che ella era un’incognita, voi potevate negarmela con ragione; ma ora