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IL VERO AMICO 383


della più perfetta amicìzia!) (da sè) Signora, voi mi mortificate a ragione. Ma parmi ancora, malgrado ai vostri disprezzi, che abbiate della tenerezza per me.

Rosaura. Io della tenerezza per voi? La vostra vanità vi seduce; per maggiormente disingannarvi, eccomi pronta a dar la mano di sposa.

Lelio. Ah! sì, la mia adorata Rosaura.

Rosaura. Non ho ancora detto di darla a voi. (a Lelio)

Lelio. E a chi dunque, mia cara?

Florindo. Deh! credetemi. Confrontate la verità; non vi lusingate di me. (a Rosaura)

Rosaura. No, ingrato, non mi lusingo di voi. (a Florindo) Signor Lelio, eccovi la mia mano. Sappiatevi meritar il mio cuore.

Lelio. Sì, cara sposa, procurerò d’esser degno del vostro amore.

Florindo. Sia ringraziato il cielo. Ecco terminato un affare che mi ha costato finor tanti spasimi, e che non lascierà per qualche tempo di tormentarmi. Il cielo vi feliciti tutti e due. Partirò immediatamente per la mia patria.

Rosaura. Partirete contento colla vostra amabile sposa.

Florindo. Ah! signora Rosaura, disingannatevi...

Lelio. L’amico non ha sposata mia zia...

Florindo. Perdonate l’inganno alla più tenera, alla più costante amicizia.

Rosaura. Oh cieli! Non credeva si desse al mondo una sì rara, una sì perfetta virtù. Vi ammiro, signor Florindo, vi ammiro e non vi condanno. Spero il mio matrimonio felice, come opera di un cuor virtuoso; voi m’insegnate a superar le passioni; e prometto di trionfarne col vostro esempio. Il signor Lelio non avrà a dolersi di me.

Lelio. Voi sarete la mia vera felicità.

Florindo. Ed io trovo ricompensate tutte le pene sofferte del1 contento della vostra perfetta unione.

Fine della Commedia.



  1. Così tutte le edizioni.