Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/398

382 ATTO TERZO


ch’ei si ravveda, e che guarisca la malattia dello spirito che principalmente l’opprime. Ella intanto prenda motivo di consolazione dal vedersi in grado di goder di uno stato comodo, di aver la dote che le conviene, e di consolare colla sua mano il suo sposo, il suo fedelissimo Lelio.

Rosaura. Il signor Lelio mio sposo? Fedele il signor Lelio, che mi ha ceduto?

Florindo. Ah! signora Rosaura, si può ben perdonare ad un amante un geloso strattagemma per provar il cuore della sua bella.

Rosaura. E bene, se il signor Lelio ha operato meco per strattagemma, avrà scoperte le inclinazioni del mio cuore. Egli a voi mi ha ceduta, ed io son vostra.

Lelio. (Misero me! ha ragione. Non saprei che rispondere), (da sè)

Florindo. Signora, voi non potete esser mia, se io non posso esser vostro.

Rosaura. E perchè non potete voi esser mio?

Florindo. Perchè ho di già sposata la signora Beatrice.

Rosaura. Sposata! (con ammirazione)

Florindo. Così è,

Lelio. (Capisco il fine dell’invenzion dell’amico). (da sè)

Rosaura. (Oh cieli!) E quando le avete dato la mano?

Florindo. Pochi momenti sono; allora quando ho saputo il cambiamento della vostra fortuna, io era pronto a sposarvi, quando Lelio non potea fario. L’amore che ha per voi quest’uomo degno dell’amor vostro, mi aveva indotto a sagrificarmi.

Rosaura. Come! a sagrificarvi?

Florindo. (Resisti, o mio cuore. Soffri questa pena mortale). (da sè) Sì, è vero, voi meritate di essere amata... La stima ch’io faceva del vostro merito... Ma che serve il più dilungarsi? Ho sposata la signora Beatrice. Voi di me non potete più lusingarvi...

Rosaura. Basta così, signore. Non rimproverate più oltre la mia debolezza. Lo dico in faccia del signor Lelio, ho avuto della stima di voi, ma voi non l’avete mai meritata.

Lelio. (Ah! sì, l’amor proprio ha trionfato della passione). (da sè)

Florindo. (Oh dolorosissima sofferenza! Facciasi l’estremo sforzo