Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/395


IL VERO AMICO 379


l’affare quasi concluso, sarà difficile il quietarla. Due cose vi vogliono per piegare questa fanciulla a sposar il signor Lelio; la prima, farle conoscere il suo dovere, la seconda, farle perdere affatto la speranza di potermi aver per marito. Per la prima, vogliono esser parole, per la seconda, vogliono esser fatti. Animo, coraggio, bisogna fare un’eroica azione. Far che l’amore ceda il luogo alla buona amicizia. Far tutto per salvar quell’onore, che è la vita dell’uomo onesto e il miglior capitale delle persone ben nate.

SCENA XXII1.

Beatrice e detto.

Beatrice. Signor Florindo, che fate qui? La casa è in confusione. Non si sentono che strilli, pianti, disperazione. Venite meco, e partiamo.

Florindo. (Ah sì, questa è l’occasione di fare un bene, per rimediare a due mali). (da sè)

SCENA XXIII.

Lelio e detti.

Lelio. Amico, mi rallegro con voi.

Florindo. Con me? Di che mai2?

Lelio. Ho veduto lo scrigno del signor Ottavio; egli ha dell’oro in gran quantità. La signora Rosaura sarà ricca, e voi goderete una sì bella fortuna.

Beatrice.3 Che cosa e’entra il signor Florindo colla signora Rosaura? (a Lelio)

Florindo. Signor Lelio, sono degli anni che ci conosciamo.4 Ma compatitemi, mi conoscete ancor poco, e fate poca stima di me. Come? Mi credete capace d’un atto di viltà, d’un’azione

  1. Questa scena, com’è nell’ed. Paperini, vedasi in Appendice.
  2. Pap.: di che cosa?
  3. Mancano queste parole di Beatr. nell’ed. Pap.
  4. Segue nell’ed. Pap.: A Venezia siamo quasi cresciuti insieme; ma, compatitemi ecc.