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IL VERO AMICO 357

SCENA II.

Trappola e detto.

Trappola dall’alto del prospetto cava fuori la testa dalla tappezzeria, osserva, e dice.

Trappola. (Oh vecchio maladetto! Guarda quant’oro!) (da sè)

Ottavio. Queste doppie di Spagna son mal tagliate, ma sono di perfettissimo oro, e quello che è da stimarsi, sono tutte di peso.

Trappola. (Oh! io, io le farò calare). (da sè)

Ottavio. Queste le ho avute in iscambio di tanto argento colato, portatomi di nascosto da certi galantuomini, che vivono alla campagna per risparmiare la pigione di casa. Oh, è pur dura questa pigione! Quando ho da pagar la pigione, mi vengono i sudori freddi. Quanto volentieri mi comprerei una casa, ma non ho cuore di spendere duemila scudi.

Trappola. (Getta un piccolo sasso verso lo scrigno, e si nasconde.)

Ottavio. Oimè! Che è questo? Oimè! Casca il tetto, precipita la casa! Caro il mio scrigno! Ah! voglia il cielo che tu non resti sepolto sotto le rovine.

Trappola. (Maledettissimo! Ha più paura dello scrigno, che della sua vita). (starnuta e si nasconde)

Ottavio. Chi è là? Chi va là? Presto. Povero me! Gente in camera; sono assassinato. Ma qui non vi è nessuno. La porta è serrata. Eh, sono malinconie. Caro il mio oro...

Trappola. Lascia star, lascia star. (contraffaccendo la voce forte)

Ottavio. Chi parla? Come? Dove siete? Chi siete?

Trappola. Il diavolo. (parte)

SCENA III.

Ottavio solo.

Oimè! Oimè! Brutto demonio, che cerchi? che vuoi? Ah! se tu vieni per prendere, prendi me, e lascia stare il mio oro. Presto, ch’io lo riponga; presto, ch’io lo chiuda; tremo tutto. Avrei