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352 | ATTO SECONDO |
mente la signora Beatrice ha del merito. Vedo da questa lettera che l’amate.
Florindo. Non mi pare che quella lettera dica questo.
Lelio. Vi torno a dire, qui possiamo parlare con libertà. Siamo tre persone interessate per la medesima causa. Altri non lo sapranno fuori di noi. Ma non mi fate comparire un babbuino.
Rosaura. Caro signor Florindo, quello che avete a fare, fatelo presto.
Florindo. Non mi tormenti, per carità.
Lelio. Sì, faremo due matrimoni in un tempo stesso. Voi darete la mano a Beatrice, quando io la darò alla signora Rosaura.
Rosaura. Signore, se volete aspettare a dar la mano alla vostra sposa, quando io la darò al signor Lelio, dubito che non lo soffrirà l’impazienza del vostro amore. Mio padre non mi può dare la dote, io sono una miserabile, e non conviene alla casa del signor Lelio un matrimonio di tal natura, ne io soffrirei il rimprovero de’ suoi congiunti. Sollecitate dunque le vostre nozze, e non pensate alle mie. (parte)
SCENA XIX1.
Florindo e Lelio.
Lelio. (Come! il padre non le può dare, o non le vuol dare la dote?) (da sè)
Florindo. (Ah! quanto avrei fatto meglio a partirmi). (da sè)
Lelio. Amico, avete sentito?
Florindo. Ho sentito come mi avete mantenuto ben la parola.
Lelio. Vi domando scusa; il dirlo alla signora Rosaura non riporta alcun pregiudizio. Ma Florindo carissimo, avete inteso? La signora Rosaura è senza dote.
Florindo. Per una fanciulla questa è una gran disgrazia.
Lelio. Che cosa mi consigliereste di fare? Sposarla, o abbandonarla?
Florindo. Non so che dire: su due piedi non sono buono a dar questa sorta di consigli.
- ↑ Questa scena, com’è nell’ed. Paperini, vedasi in Appendice.