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IL VERO AMICO 349

SCENA XVI.

Rosaura sola.

Gran passione è quella dell’avarizia! Mio padre si fa miserabile e nega darmi la dote, ma se ciò può contribuire a scioglier l’impegno mio con Lelio, non ricuso di secondarlo. Se la sorte non vuole ch’io mi sposi al signor Florindo, altro marito non mi curo d’avere.1

SCENA XVII.

Florindo e detta.

Florindo. Signora, ella dirà che son troppo ardito venendo a replicarle l’incomodo due volte in un giorno.

Rosaura. Voi mi mortificate parlando così; le vostre visite sempre care mi sono, ed ora le desidero più che mai.

Florindo. Son debitore di risposta ad una sua cortesissima lettera.

Rosaura. Voi mi fate arrossire, parlandomi scopertamente della mia debolezza.

Florindo. Non ha occasione d’arrossire, per una passione che vien regolata dalla prudenza.

Rosaura. Signor Florindo, ditemi in grazia una cosa, prima di parlar d’altro; siete ancor risoluto di partir domani?

Florindo. Vedo che sarò in necessità di farlo.

Rosaura. Per qual cagione?

Florindo. Perchè la violenza d’amore non m’abbia da mettere in cimento di tradire un amico.

Rosaura. Dunque mi amate.

Florindo. A chi ha avuto la bontà di confidarmi il suo cuore, è giusto che confidi il mio. Signora Rosaura, l’ho amata dal primo giorno che l’ho veduta, e adesso l’amo assai più.

Rosaura. Mi amate, e avete cuor di lasciarmi?

Florindo. Conviene far degli sforzi per salvare il decoro, per non esporsi alla critica e alla derisione.

  1. Pap. aggiunge: Eccolo per l’appunto.