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232 | ATTO PRIMO |
Lelio. Fante, a sei zecchini.
Florindo. Tre e fante. Tre ha vinto. Fante ha vinto. (paga, mescola, poi taglia)
Tiburzio. Tre. (mettendo vari zecchini in tavola)
Lelio. Fante. (facendo lo stesso)
Florindo. Capperi! Avete ben cresciuta la posta.
Tiburzio. La nostra seconda.
Florindo. Ecco il tre, avete vinto. (sfogliando le carte)
Tiburzio. Paroli.
Florindo. È andato. Fante ha vinto. Che diavolo ho in queste mani?
Lelio. Paroli.
Florindo. Va subito. Oh maledetto fante! Or ora conteremo. Ecco il tre. Per dar i paroli son fatto a posta. Contiamo. Il tre venti zecchini, tre via venti sessanta; il fante trenta zecchini, tre via trenta novanta; in un taglio cento cinquanta zecchini, è qualche cosa. Chi è di là?
Brighella. La comandi.
Florindo. Portatemi una borsa di dugento zecchini. (mescolando le carte)
Brighella. Subito. (Quel che vien de tinche tanche, se ne va da ninche nanche). (da se, parte)
Tiburzio. Tre al banco.
Florindo. (Fa il taglio.)
Lelio. Fante al banco.
Florindo. Maledettissimo fante! (straccia le carte, prende un altro mazzo)
Lelio. (Tira il banco.)
Brighella. Son qua. (colla borsa)
Florindo. Presto denari.
Brighella. (Poveri bezzi, i me fa pecca!) (da sè) La se ricorda del sior Pantalon. (piano a Florindo)
Florindo. Non mi rompete il capo.
Brighella. (Magari che el perdesse anca la camisa). (da sè, parte)
Florindo. Animo; ecco tagliato.