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IL SERVITORE DI DUE PADRONI 579


Beatrice. E perchè domandi dunque, se la borsa è mia?

Truffaldino. Donca la sarà soa.

Beatrice. Dov’è la borsa?

Truffaldino. Eccola qua. (gli dà la borsa)

Beatrice. Sono giusti?

Truffaldino. Mi no li ho toccadi, signor.

Beatrice. (Li conterò poi). (da sè)

Truffaldino. (Aveva falà mi colla borsa; ma1 ho rimedià. Cossa dirà quell’altro? Se no i giera soi, noi dirà niente). (da sè)

Beatrice. Vi è il padrone della locanda?

Truffaldino. El gh’è, signor sì.

Beatrice. Digli che avrò un amico a pranzo con me; che presto presto procuri di accrescer la tavola più che può.

Truffaldino. Come vorla restar servida? Quanti piatti comandela?

Beatrice. Il signor Pantalone de’ Bisognosi non è uomo di gran soggezione. Digli che faccia cinque o sei piatti; qualche cosa di buono.

Truffaldino. Se remettela in mi?

Beatrice. Sì, ordina tu, fatti onore. Vado a prender l’amico, che è qui poco lontano; e quando torno, fa che sia preparato. (in atto di partire)

Truffaldino. La vederà, come la sarà servida.

Beatrice. Tieni questo foglio, mettilo nel baule. Bada bene veh, che è una lettera di cambio di quattromila scudi.

Truffaldino. No la se dubita, la metterò via subito.

Beatrice. Fa che sia tutto pronto. (Povero signor Pantalone, ha avuto la gran paura. Ha bisogno di essere divertito). (parte)

SCENA XII.

Truffaldino, poi Brighella.

Truffaldino. Qua bisogna veder de farse onor. La prima volta che sto me padron me ordena un disnar, voi farghe veder se
  1. Paper. ecc.; ma con giudizio.