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LA DONNA DI GARBO 473


Florindo. Appunto.

Rosaura. S’è lecito, come ha nome?

Florindo. Flaminio.

Rosaura. Guardate, quando si dice delle fisonomie che s’incontrano! Egli rassembra tutto tutto una certa signora Isabella, figlia d’un Lettore dell’Università di Pavia.

Isabella. (Ahimè! sono scoperta!) (da sè)

Florindo. (Siamo perduti). (da sè)

Dottore. E bene, non è gran meraviglia; si danno di queste somiglianze.

Florindo. (Rosaura, pietà!) (piano a Rosaura)

Rosaura. (Non la meriti, traditore). (piano a Florindo)

Florindo. (Qui convien in qualche modo aggiustarla), (da sè) Signor padre, prego vi a condurre in una stanza il signor Flaminio. Io anderò nel solito camerino.

Dottore. Benissimo. Rosaura, andate a chiamar qualcheduno1 che assista a mio figlio, e voi andate nella vostra stanza.

Rosaura. Sì, signore sarete servito.

Dottore. Favorisca di venir meco, signor Flaminio.

Isabella. Vi ubbidisco. (Ah, caro signor Florindo, ponete rimedio al male che ci sovrasta). (piano a Florindo)

Florindo. (Lasciate fare a me, non dubitate). (piano a Isabella)

Dottore. Via, Rosaura, andate.

Rosaura. Vado subito. (Non voglio partir senza rimproverar quest’indegno). (si ritira)

Dottore. Non vorrei.... basta.... aprirò gli occhi. (parte con Isabella)

SCENA XIV.

Florindo e Rosaura.


Florindo. (Come mai dovrò regolar la faccenda? Come con costei contenermi? La mia franchezza non giova. Ne sa più di me). (da sè)

  1. Bettin. e Paper.: Brighella, Arlecchino, qualcheduno ecc.