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IL PRODIGO 301


Momolo. (Un altro rimprovero per l’anello). (da sè)

Beatrice. Mio fratello mi diceva appunto or ora, che certamente ha fissato di volersi regolar diversamente, e nell’economia e nel costume.

Clarice. Proponimenti difficili da osservarsi.

Momolo. Quando un galantomo promette, el mantien.

Clarice. Qualche volta si promette, e non si mantiene.

Momolo. (Anca questa sul proposito de l’anello. Ghe voria dar questo, ma no voria che mia sorella vedesse). (da sè)

Beatrice. Questa volta mi faccio io mallevadrice per mio fratello.

Clarice. Lo sapete il proverbio? Chi entra mallevadore, entra pagatore. (a Beatrice)

Momolo. Ben, se manco, pagherà mia sorella per mi.

Clarice. Che cosa potrebbe ella darmi per conto vostro?

Momolo. Gnente che staga ben.

Clarice. Dunque.

Momolo. Donca la se fida de mi.

Clarice. Non ho caparra per potermi fidare.

Momolo. (E toppa su l’anello). (da sè) Sorella, feme un servizio, andè a veder cossa che fa sta zente, che ancuo no fenisse mai de metter in tola.

Beatrice. Volentieri. Vado subito. (Mio fratello vuol restar solo). (da sè) Amica, ve lo raccomando; trattatelo con carità. (parte)

SCENA XVI.

Clarice e Momolo.

Clarice. Non merita compassione un uomo, che si lascia portare dal suo capriccio, che non fa conto dei buoni consigli e non sa mantenere gl’impegni.

Momolo. Intendo benissimo cossa che la vol dir. Merito i so rimproveri, e ghe domando perdon, se l’ho disgustada. Quell’anello che la s’aveva degnà de acettar, no lo doveva disponer...

Clarice. Che importa a me dell’anello?...