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IL PRODIGO 295


Clarice. (Continua a guardarmi con attenzione. Che sia qualche altro innamorato di me?) (da sè)

Celio. (Vorrei principiare a discorrere. ma non so come contenermi). (da sè, mostrando di volersi accostare)

Clarice. (Pare ch’egli voglia parlarmi, e che non si arrischi. Gli voglio dar coraggio). (da sè) Signore, la riverisco.

Celio. Servitor suo. (Si vede il carattere di una donna franca). (da sè)

Clarice. (È un uomo timido. Questi sono quelli che per lo più s’innamorano da sè soli). (da sè) Favorisca; Vossignoria è a villeggiare da queste parti?

Celio. (Che sfacciataggine!) (da sè)

Clarice. (Poverino! Non ha coraggio ne men di rispondere), (da sè)

Celio. Ella, signora, è qui in casa del signor Momolo?

Clarice. Sì, signore. Sono a villeggiare con lui.

Celio. Bravissima. Ci starà molto tempo?

Clarice. Può essere parecchi giorni.

Celio. Me ne rallegro. (Fino che lo avrà rovinato del tutto). (da sè)

Clarice. (Pare, che si consoli). (da sè)

Celio. È molto tempo che ha l’amicizia del signor Momolo?

Clarice. Non molto.

Celio. Sa ella lo stato in cui si ritrova?

Clarice. Mi pare che di salute stia bene. (Capisco che vuole discreditarlo. Tanto più mi confermo nella opinione, che costui si voglia mettere in grazia). (da sè)

Celio. (Mi conviene informarla un poco per farla partir più presto), (da sè) Non sa Vossignoria, che il povero signor Momolo si è rovinato per la sua troppa generosità, e che oramai non ha con che vivere?

Clarice. Io non sono informata de’ suoi interessi.

Celio. L’informerò io dunque.

Clarice. Non è necessario ch’ella si prenda codesto incomodo.

Celio. Anzi è necessarissimo, perchè, s’ella avesse fondate sopra di lui molte speranze, sappia che viene a gettare malamente il suo tempo.

Clarice. La ringrazio de’ suoi avvertimenti; per ora non ho intenzione di maritarmi.