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IL PRODIGO 289


Momolo. L’ho dito, xe vero, ma me xe capità un’occasion...

Leandro. Sì, certo; il generosissimo signor Momolo per regalare la signora Clarice di un lauto pranzo e di un festino magnifico, avrà trovata l’occasione di vendere l’anello, come ha venduto oramai l’intiero suo patrimonio. (parte)

SCENA VIII.

Clarice, Momolo ed Ottavio.

Momolo. In fazza mia ste insolenze?... (volendolo seguitare)

Ottavio. Fermatevi, non vi è bisogno che vi riscaldiate. O è vero, o non è vero, quel che ha detto il signor Leandro.

Momolo. No xe vero gnente.

Clarice. Che avete fatto adunque di quell’anello?

Momolo. Son un galantomo e ghe digo la verità. Xe vegnù el mio interveniente, el mio procurator, el m’ha portà una bona nova della mia causa, e mi per gratitudine gh’ho donà l'anello.

Ottavio. Troppo generoso, signore.

Clarice. Ecco il difetto vostro, che vi ha ridotto agli estremi. Non occorre nascondere la verità. Pur troppo a tutto il mondo è palese lo stato vostro, e noi ne siamo bastantemente informati. Siete prodigo a segno di non potervi correggere a fronte delle vostre indigenze. Per una semplice notizia buona, che può essere ancora sospetta, inutile o capricciosa, donare1 così ciecamente un anello, ch’è l’unica cosa buona, forse, che avete? e il trasporto di donare senza misura vi fa scordare perfino di tenerlo in deposito, dopo di averlo offerto ad una donna che ha meritata la vostra stima? Ciò prova l’eccesso della vostra passione, che vi rende ridicolo agli occhi ancora di quelli che ne profittano. Ma è poca cosa un anello gettato, si può dire, senza ragione; si sa che in simile modo avete consunti gli effetti della vostra casa, siete aggravato di debiti,

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  1. Zatta: donate.