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220 parte seconda


cagione a ciarle riguardanti la condotta di lei. Fulgenzio, amico reciproco di Leonardo e di Filippo, s’incarica di tutto; proponendosi intanto di fare al primo qualche rimostranza relativamente alla smania di lui per la campagna, e alla dissipazione del suo tempo, e delle sue sostanze. Non manca di parola, e va a trovare il suo vecchio amico, che dopo le solite convenienze l’invita ad andare seco lui a Montenero: Vi ringrazio, risponde Fulgenzio: son già stato in campagna ad oggetto di aver occhio alla raccolta del mio grano, e vi sono andato anche per quella del vino; altro presentemente non mi occorre: io trovo veramente ridicolo l’andare in campagna, quando i primi freddi ci richiamano subito alla città. — Quindi Fulgenzio fa cadere il discorso sopra Giacinta; avrebbe da proporre per lei a Filippo un buon partito, ma è ritenuto dalla condotta tanto del padre, come della figlia; finalmente si spiega: Filippo conduce in campagna Guglielmo; ciò non torna bene per nessun conto; la gente mormora, e il pretendente vi rinunzierà. Filippo conosce che l’amico ha ragione veramente, però gli dà parola di allontanar Guglielmo per sempre dalla sua conversazione, e così rimanda Fulgenzio contento. Ma questo debole padre ne parla alla figlia, la quale, benchè non ami Guglielmo, pure, accorgendosi che tutto questo è opera di Leonardo, vuole sostener l’impegno; fa pertanto vedere al padre l’indecenza e l’inconveniente di negare ad un uomo onorato una officiosità offertagli volontariamente; e termina con dire, che per quella volta egli non può assolutamente dispensarsi di condurlo seco. Filippo presta fede alla figlia, la conosce cortese e ragionevole, onde non altrimenti a Guglielmo vien dato congedo dalla brigata. Queste mutazioni nell’animo di Filippo ne cagionano altrettante in casa di Leonardo; questi, assicurato da Fulgenzio, che Guglielmo sarebbe stato licenziato, si risolve di partir per Montenero, e la signorina Vittoria è contenta. Sentendo poi Leonardo che deve intervenirvi anche il suo rivale, cambia idea, non vuol partire, e ne rimane sconcertatissima la sorella. Questa signorina, imbrogliata e sommamente in collera per sentirsi dire ora sì ora no, prende la risoluzione di andar ella stessa da Giacinta, la sua cara amica, ma che non può in sostanza soffrire; ci va e la scena riesce piacevolissima: è un quadro al naturale della gelosia delle donne e dell’odio dissimulato.

Verso la fine dell’ultimo atto Fulgenzio ritorna alla casa dell’amico Filippo, ottiene il permesso di nominare il pretendente della figlia di lui, e questi è Leonardo. Filippo, che non ha contezza alcuna del dissesto della economia domestica del suo vicino, vi acconsente, e determina di parlarne a Giacinta egli stesso. Fulgenzio rammenta sempre a Filippo che deve ciò succedere a condizione che Gugliemo non sia della compagnia, ma nel tempo di tal discorso Guglielmo si trova appunto nel quartiere della signorina per dover con essi partire. Comparisce infatti un momento dopo questo giovine, e Fulgenzio resta maravigliato di vederlo; ma Filippo, per sbrogliarsene, gli chiede in grazia che vada a far preparare i cavalli per la partenza. Intanto sopraggiunge Leonardo, incontra Guglielmo, e sente da lui la commissione per cui va fuori. I discorsi che si tengono dalla parte di Filippo e da quella di Fulgenzio, richiamano la curiosità di Giacinta. Essa dunque si presenta, impone a tutti silenzio, perora la sua causa, vince la sua lite, ed ecco con quai mezzi. Troppo bene ella si era accorta che Leonardo avea propensione per lei, ed ella nol riguardava con indifferenza, ma egli non si era dichiarato per lei, che da quel momento; tuttavolta,