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queste righe a Foligno, sotto una specie di portico di una semplicità omerica, dove tutti stanno gridando e facendo chiasso attorno ad un fuoco, il quale arde sulla terra, seduto ad una lunga tavola da pranzo, come quella che si dipinge per le nozze di Cana, dopochè mi fu possibile ottenere un calamaio, al quale io non aveva pensato; e dall’aspetto stesso di questo foglio, potrete riconoscere come io scriva a disagio, ed assiderato per il freddo.

Ora io mi accorgo della imprudenza commessa nell’intraprendere questo viaggio solo, e senza essermivi preparato. Colla diversità delle monete, dei prezzi, con i vetturini, colle locande pessime, la è una miseria di ogni giorno per uno che viene qui per la prima volta, e solo: ed a vece del piacere, e della soddisfazione che io speravo e mi ripromettevo, mi trovo di continuo ad ogni istante molestato da qualche contrarietà. Se non che io non ho mai avuto desiderio maggiore di quello di visitare quasta contrada a qualunque costo, e quando anche io mi fossi dovuto trascinare a Roma sulla ruota d’Issione, non ne avrei mossa lagnanza.


Terni, il 27 Ottobre a sera.

Scrivo ancora una volta in una specie di caverna, la quale per giunta ebbe a soffrire un anno fa dal terremoto; la città trovasi collocata in una amena contrada; della cui vista ho potuto godere, facendo una passeggiata attorno alle mura; la quale si stende fra monti, che sono questi ancora calcari. Al pari di Bologna dall’altra parte dell’Apennino, giace Terni pure da questa parte, al piede dei monti.

Ed ora che ho abbandonato il capitano pontificio, mi trovo ad avere compagno di viaggio un prete. Questi pare più soddifatto del suo stato, e tuttochè sappia che io sono eretico, risponde cortesemente alle mie domande intorno al culto cattolico, non che ad altri argomenti d’identica natura. Nel trovarmi poi ad ogni momento fra persone