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torno ai protestanti. «Potete voi, mi domandò egli, mantenere relazioni geniali con una graziosa ragazza, senza che sia vostra moglie? Ve lo permettono i vostri preti?» Risposi che i nostri preti erano persone prudenti, le quali non si davano pensiero di cotali inezie, ma che però se li volessimo interrogare sul serio sopra un tale argomento, ci direbbero essere la cosa illecita. «Non siete pertanto obbligati, ripigliò, di farne loro domanda? O voi felici! Dal momento che non vi confessate, non siete obbligati a saperne di nulla.» Ed allora prese a scagliare ingiurie e maledizioni contro i suoi preti, ed a vantare la nostra libertà. «Ci si narra, diss’egli, che tutti gli uomini, anche quelli che non sono Cristiani, sono obbligati a confessarsi, se non che, non potendo nella loro cecità conoscere il vero, si confessano ad un vecchio albero, la qual cosa, per quanto sia abbastanza empia e ridicola, basta a provare, che anche quegli uomini riconoscono la necessità della confessione.» Gli manifestai allora l’idea che ci facciamo noi della confessione, ed il modo con cui la pratichiamo. La cosa gli parve molto comoda, ma soggiunse che però non scorgeva grande differenza fra quella, ed il confessarsi ad un vecchio albero. Dopo alquanta esitazione, mi pregò seriamente di volergli ancora chiarire un altro punto. Assicurava aver udito dalla bocca di uno de’ suoi preti, uomo veritiero, che i protestanti potevano sposare le loro sorelle, la qual cosa per vero dire sarebbe stata seria. Allorquando gli risposi non essere ciò vero, e provai dargli un’idea della nostra dottrina, non mi riusci fissare la sua attenzione, ed invece mi fece un’altra domanda. «Ci si accerta, disse, che Federico il Grande, il quale ha riportate cotante vittorie, anche sui veri credenti, e riempito il mondo della sua fama, e che da tutti è ritenuto eretico, sia invece cattolico, ma abbia ottenuto dal Papa la facoltà di tenere nascosta la sua religione; e difatti si sa che non entra mai in nessuna delle vostre chiese, e si assicura che egli pratica il culto divino in una cappella sotto terra, addolorato di non potere confessare in pubblico la sua