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Filosofia zoologica 17

essi partecipano ai suoi convincimenti e camminano per la medesima strada e che egli può fare assegnamento sulla loro approvazione riflessiva, e all’uopo sul loro giovevole appoggio. Perchè i nostri vicini d’Occidente, in generale, non hanno avuto ragione di pentirsi dello avere imparato a conoscere, in questi ultimi tempi, le idee e le ricerche dei tedeschi.

I naturalisti citati in questa occasione sono Kiélmeyer, Meckel, Oken, Spix, Tiedemann; nello stesso tempo si fa risalire a trenta anni indietro la parte che io ho preso a questi studi; ma posso bene affermare che da cinquanta anni io dò opera ad essi ardentemente. Nessuno, tranne forse io stesso, ha conservato la ricordanza dei miei primi tentativi, per la qual cosa spetta a me il ricordare quei lavori coscienziosi della mia gioventù, tanto più che essi possono spargere una qualche luce sugli argomenti che sono ora in discussione.

Io non giudico, racconto. Con queste parole di Montaigne io sarei tentato di terminare la prima parte delle mie considerazioni sull’opera del signor Geoffroy. Per determinare bene il punto di vista secondo il quale desidererei di essere giudicato io stesso, trovo ottima cosa riferire le parole di uno scrittore francese, le quali esprimono più chiaramente che io non saprei fare, ciò che vorrei dire al lettore.

«Gli uomini d’ingegno hanno sovente un modo particolare di presentare le cose; cominciano col parlar di se stessi; e stentano molto a isolarsi dal loro argomento. Prima di darvi i risultamenti delle loro meditazioni, essi sentono il bisogno di farvi sapere dove e come vi siano stati condotti.» Mi si conceda adunque di porgere qui, senza nessuna pretesa personale, la storia sommaria dello svolgimento successivo della scienza, quale si è venuto operando parallelamente al corso di una lunga