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no ancora, mescolato co’ ceci infornati, un frutto picciolo, quanto i medesimi, che ha sapore di castagna, chiamato Albahsisi.

Circa il mezzodì si rinfrescò il vento, e camminammo meglio, però la tortuosità del fiume rendea la strada assai più lunga, che non era. Vidi alla destra riva più alberi, come mori bianchi, che aveano presso al tronco le frutta simili alle nespole, e di gusto dolce: le dicono Giummis, o fichi di Faraone, e le mangiano gli Arabi, intaccandole prima, che vengano a maturità, per toglier loro il mal’umore. In passando a Chioforzear, mi dissero, che eravamo a mezza strada: al cader del Sole, ci trovammo presso a’ casali di Sicabul, Nigili, e Comscirich, con buon vento il quale con tutto che continuasse, si fermò pure la barca in Terrana; non volendo passare avanti il Bey, o Padrone, a causa della lor gran festa dell’Agiran Bairam, o sacrificio a Maometto.

Fermatici adunque in questo Casale, due ore dopo il levar del sole del Mercordì, fin tanto che finissero i loro esercizj diabolici; osservai un gran mucchio di terra in pezzi, detta Natron, che

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