Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/79

credenze procede, se ben si guarda, dall’essersi attenuata la mentalitá loro. Laonde il ristauro della filosofia conferirá a ravvivarle e rimetterle in credito, ritirandole all’ idealitá primigenia e al senso cattolico, che è il pensiero della Chiesa universale.

Il principio di creazione universaleggia piú di ogni altro, perché la vastitá del sapere, come quella dello sguardo, deriva dalla sua altezza. Abbracciando ogni cosa non esclude veruna idea positiva, e movendo dal punto piú elevato lascia intatta la libertá, perché un regolatorio infinitesimale non può ristringere l’ingegno né coartare la scienza. E siccome il genio italiano è confederato con questo principio, esso è il piú universale e dialettico, accoppiando l’ideale col positivo e armonizzando insieme i pregi piú dispari ( J ). Questa universalitá spiccò nelle dottrine daH’Alighieri al Caluso, e apparve persino in coloro che paiono doverne essere piú lontani, cioè nei matematici e negli artisti. Da Archimede insino a Giovanni Plana e a Guglielmo Libri, non conosco calcolatore italiano di grido che abbia verificato in se stesso quel divorzio fra il valor nelle scienze quantitative e la perizia nelle altre di cui Biagio Pascal fa menzione, e che è in vero cosi frequente tra i popoli d’oltremonte. Il Parini osserva che fra coloro che scrissero sulle arti belle risplende ordinariamente piú filosofia che negli altri autori italiani del Cinquecento ( 1 2 3 4 ); e inoltre piú spontaneitá, piú vena, piú erudizione, piú varietá e forza creatrice. Michelangelo e Leonardo furono miracoli di sapere, secondo il loro tempo: dottissimi I ’ Alberti , il Barbaro, il Brunelleschi, il Giocondo, il Rosso e altri non pochi. Lo stesso Cellini, benché avesse poca o niuna coltura di lettere, abbracciò tutte le parti del disegno e delle arti plastiche (3), e si pregiava di filosofia nella sua professione (4). Il qual costume risale ai tempi piú remoti, e niuno fu piú ampio

(1) Consulta l ’Introduzione, il Primato e i Prolegomeni, passim.

(2) Opere, Milano, 1801, t. vi, p. 203. (3) Vita, 1, 5, 6.

(4) «Io che aveva mescolato ne’ ragionamenti quella parte di filosofia che si apparteneva in quella professione...» (ibid., I, 19). «A me è sempre dilettato il vedere e gustare ogni sorta di virtú» (ibid., n, 11).