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da questo dato per salir piú alto, si riesce di necessitá al panteismo dell’ Hegel e de’ suoi seguaci (0. Laddove il dissidio cessa se le prefate categorie si estimano col criterio dell’infinito, il quale ci mostra nel reale l’idealitá limitata e nell’ideale la realtá

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senza limiti. Perciò il difetto di circoscrizione, che si allega per rimuovere dall’ideale lar sussistenza, argomenta il contrario, giacché esso, non che escludere la realtá, la rende interminata e assoluta ( 1 2 ).

La filosofia della creazione è dunque idonea per natura a essere il preludio speculativo del Rinnovamento e a fondare la sua politica, dando corpo a quella scienza sublime, da cui si propaggina la piú volgare, come dall’instruzione propria dei dotti deriva quella dei dilettanti. Che cosa infatti dee essere il Rinnovamento se non la creazione civile d’Italia? e come creare senza il pensiero che è la radice dell’atto creativo e della sua essenza? Il pensiero è legge, diritto, dovere, autonomia, libertá, unione, nazionalitá, ordine, progresso, scienza, poesia, potenza, gloria, virtú, felicitá, e brevemente ogni cosa; quando tutti i beni per via del pensiero si acquistano, si conservano e si godono e in lui sostanzialmente riseggono; tanto che il declinare dei popoli e degl’individui non è altro che indebolimento e scemanza della loro virtú cogitativa. La religione stessa è pensiero nella sua forma piú eccellente, e lo scadere odierno delle

(1) La logica dell’ Hegel non è altro a capello che l’ ideologia psicologica di cui discorro, trasferita nei campi dell’ontologia.

(2) Gli stessi abusi di parole che si fanno a questo proposito svelano il vizio radicale del ragionamento. Quando si dice, verbicausa, che il possibile è bensí una «cosa» ma non mica una «cosa reale», si vieue in sostanza a dire che è cosa e che non è cosa; giacché i vocaboli di «res» e «cosa» esprimono la stessa nozione, l’uno nella lingua antica, l’altro nella moderna d’Italia. Ma la tautologia passa inosservata mediante un equivoco, pigliandosi la voce di «reale» come sinonima di «sensato» e di «circoscritto»; onde tanto è a dire che il possibile non è «reale», quanto a dire che non è finito, e non può essere appreso né dai sensi esteriori né dalla coscienza. In vece dunque di equivocare asserendo che il possibile non è reale, dite per contro che è realissimo, atteso che, appartenendo agli ordini dell’infinito, la sua realtá non è angustiata da verun confine. E guardatevi di credere che ciò che è incircoscritto, come tale, non sia effettivo; che altrimenti inciamperete di necessitá nel panteismo dell’ Hegel e confonderete l’ infinito dei moderni coll’indefinito degli antichi filosofi di Grecia e di Oriente.