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patria comune a quello stato di debolezza che è da tanti secoli l’unica fonte delle sue sciagure.

Nutrendo questi concetti, i buoni italiani non possono separare la considerazione della patria dai riguardi dovuti a quell’uomo, a cui molti di noi sono stretti per debito di sudditanza e tutti per obbligo di gratitudine. Quale è infatti il titolo che da due anni l’Italia unanime e riconoscente dá a Carlo Alberto? quello di liberatore della penisola, di vindice della sua indipendenza, di fondatore di quel regno settentrionale che dee presidiarla dalle aggressioni forestiere. Per questi vanti il re nostro sovrasta alla folla dei precessori e dei coetanei nei privilegi della potenza; per essi si è reso ammirabile al suo secolo e il suo nome passerá fregiato di gloria unica alla piú tarda posteritá. Le idee dell’unione e dell’autonomia italica essendo, per cosi dire, incarnate nella sua persona, l’onore di questa è inseparabile dal mantenimento di quelle, la salute della patria è indivisa dalla fama del principe. Non si possono violare od offendere menomamente le prerogative della nazione senza ingiuria e fellonia verso il monarca che tolse a redimerla, e che cadrebbe dall’alto seggio di splendore in cui si è collocato se la sua impresa non fosse condotta a compimento. Tanto che il debito dei buoni sudditi non si può in questo caso disgiungere da quello dei buoni cittadini; e niuno piú di voi, eccellentissimi signori, è atto a sentire l’importanza di questo vincolo, quando niuno vi supera nella caritá della patria e nella devozione verso il principe.

Tal è lo stato universale dell’opinione non solo in Piemonte ma nelle altre provincie italiche, alle quali non pochi di noi appartengono; onde si credono in obbligo di attestarvi un fatto necessario al compimento delle vostre intenzioni. Imperciocché i governi eziandio migliori possono poco senza l’appoggio dell’opinione pubblica, ma sono onnipotenti quando vengono da essa avvalorati. Corrono da alcuni giorni romori sinistri sulle condizioni proposte dalle potenze mediatrici fra noi e l’Austria, e si afferma da molti che tali condizioni offendano il fatto compiuto dell’unione e il principio dell’autonomia italica. Quando ciò sia vero, noi teniamo per fermo che le dette potenze siano per modificare le proprie risoluzioni, ogni qual volta si persuadano che esse contravvengono al fermo volere degl’italiani. Il contrario non si può supporre, trattandosi di nazioni cosi savie e cosi generose come la Francia e la Gran Bretagna; sovrattutto se si considera lo scopo