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faceva dei gesuiti il tema favorito delle sue declamazioni in Francia»(•). Ma niuno pure dee aver dimenticato che in quel tempo i liberali piú moderati di Parigi erano avversi ai padri e li volevano espulsi dalla Francia. Non erano declamatori e radicali il signor Thiers che parlamentava, e il signor Guizot che spediva a Roma un legato a tal effetto, né Pellegrino Rossi che accettava ed eseguiva la commissione. Non era radicale e declamatore Guglielmo Libri, il quale scrivea nel tempo medesimo contro i radicali e contro i gesuiti. — Ma i gesuiti aveano contro eziandio i radicali. — E che perciò? Dunque odieremo la libertá, l’uguaglianza, i progressi civili, perché i radicali ne sono amatori? Che logica è questa?

«Un libro, che avrebbe avuto e doveva avere per il bene della sua patria l’universale assenso, fu soggetto di acerbe controversie e provocò gli scritti ancora piú acerbi del padre Curci» ( 1 2 3 ). E che importa, se a malgrado i contrasti bastò a rivolgere in meglio le sorti d’Italia per qualche tempo? Gli «scritti acerbi» del padre Curci furono una benedizione, poiché confermarono le conclusioni del mio, mostrando col fatto quasi in uno specchio qual sia la scienza, la creanza, il pudore, la lealtá, la morale e la religione dei buoni padri. Solo è da dolere che tali scritti non sieno stati cosi frequenti e copiosi come il bene d’ Italia richiederebbe. Ce ne vorrebbe almanco uno per ogni mese. Ma cosi scarsi come furono, bastarono pure a mettere la Compagnia in cielo e ad arricchire di una nuova voce la nostra lingua, della quale il padre Curci è cosi benemerito come il padre Escobar della francese.

«Come il Primato del Gioberti aveva fatto presentire all’Austria per sé un gran pericolo, i Prolegomeni e le polemiche che da quelli furono occasionate gliene additarono il piú efficace e sicuro rimedio» (3). Se gli austriaci non avessero avuto altro rimedio che la Compagnia profuga, sarebbero stati freschi. I rimedi furono i principi e le fazioni interne, specialmente i puritani della bassa Italia e i municipali del Piemonte. Né però vinse affatto la prova, poiché dura la libertá subalpina. Or chi non vede che lo statuto sardo avrebbe giá avuta la sorte di quelli di Toscana, di Roma e di Napoli, se i gesuiti non fossero stati espulsi dal Piemonte o ci avessero fatto ritorno?

(1) Gualterio, op. cit., p. 68, nota.

(2) Ibid., p. 68.

(3) Ibid,., p. 69.