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IÓ2 DEL RINNOVAMENTO CIVILE D’ITALIA

immagini in cose esterne; onde l’ingegno operatore è il piú perfetto, perché compie l’opera dei due altri, trasportando i pensieri del primo e gl’ idoli del secondo nel giro della vita pratica. Salvo queste differenze, la virtú sintetica, combinativa e creatrice è nei tre casi tutt’una, e nasce dal prepotente bisogno che hanno gl’ingegni gagliardi di sottrarsi in qualche modo alla realta circoscritta e presente. Il reale che si rappresenta ai sensi è sempre uniforme, vuoto, disameno, fastidioso, prosaico, perché i suoi confini danno negli occhi e non possono essere in guisa alcuna dissimulati. Solo il lontano e sovrasensibile può rapire e piacere, atteso che il vago e l’indefinito che l’accompagna rende effigie dell’infinito. Il poeta propriamente detto colloca questo lontano nell’immaginazione, l’operatore nell’avvenire. Cosi questo non esce dalla realtá, ma infuturandola reca in essa l’attrattivo che la lontananza e l’immaginazione conferiscono agli oggetti.

L’opera piú sublime del poeta è l’epopea: quella dell’operatore è una nuova nazione, una nuova civiltá, una nuova storia; che è quanto dire un’epopea effettiva. Quindi è che l’epico suol prendere per soggetto un fatto o un’ impresa illustre, come per ordinario fanno altresi i drammatici ( x ); giacché il ritrarre dal reale è un privilegio comune alla tragedia, alla poesia eroica, alla pittura, alla statuaria, alla mimica e insomma a ogni arte rappresentativa. Né perciò si nuoce all’impressione estetica o si confondono insieme generi disparati, come parve a qualche ingegnoso; perché il reale diventa poetico e fantastico aneli ’esso quando è trasferito nel campo deli’ immaginazione, come il possibile si circoscrive quando entra nel giro del mondo e della natura ( 1 2 ). Perciò la storia quando è ideale divien poesia, senza pregiudizio del suo proprio essere. Qual è il poema che superi di bellezza e di magnificenza la vita dell’ebreo legislatore? in cui trovi tutti gli atti e, come dire, le fasi del gran liberatore e ordinatore di un popolo: il tirocinio, l’esilio, la

(1) Aristofane e il Shakespeare recarono la storia persino nella commedia.

(2) Consulta il Bello, cap. 3.