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confassi al genio cristiano, questo viene in sembianza a contrarre la stessa nota. Ma il vizio è solo apparente, atteso che in universale la stabilitá è radice del progresso, come il medesimo del diverso; tanto che il principio progressivo non è altro che una sequela o propaggine del principio conservativo. L’intuito e il sentimento, l’infinito e la religione contengono ogni cosa nella loro infinitá potenziale: contengono gli stessi momenti del progresso, ma implicati e simultanei, come l’ indietro e r innanzi nella successione eterna, il disopra e il disotto nel circolo infinito. Affinché dunque cotal progresso implicato erompa e apparisca, si richiede l’accessione di un nuovo alto creativo, col quale la riflessione, il finito, la scienza fecondino e traggano in mostra i riposti tesori del sentimento intuitivo, del culto e dell’infinito. Similmente la plebe e la donna paiono stative e retrograde, perché nella ricca sentimentalitá loro vengono a comprendere tutti i futuri perfezionamenti, come le forze cosmogoniche della natura sono anticipati ve e palingenesiache. Acciocché il progresso emerga, si ricerca il connubio di un principio attivo; laonde nel modo che il genio femmineo ha d’uopo del maschile che lo informi, medesimamente la plebe vuol essere fecondata dall’ingegno.

La plebe e l’ingegno sono i due fattori della democrazia e contribuiscono del pari al suo essere, perché sono la sessualitá doppia, in cui si estrinseca e divide l’unitá primitiva del pensiero umano. L’ingegno ha pertanto verso la plebe i diversi riguardi di effetto e di causa, giacché da un canto esso viene inspirato dalla plebe, dall’altro lato ha per ufficio di guidarla e perfezionarla, come il sesso virile che colla fecondazione restituisce all’altro la vita che ne ha ricevuto. L’ingegno però non prova, se non è colto; laonde gli uomini che ne sono forniti, ancorché sieno (come spesso accade) di umile nazione, appartengono tuttavia, come addottrinati, a quella classe da cui ebbero coltivamento e dottrina. La qual classe fu in origine un rampollo plebeio, comprendendo coloro che, piú favoriti dai doni di natura, seppero levarsi dallo squallore in cui giacevano e formarono quel nuovo ordine che dal seggio nativo si chiamò