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capitolo decimoterzo 79


uccidere il fior del clero ungherese, non reo di altro che di avere amata e servita la patria; e nel tempo stesso inveisce contro i sovrani dei belgi e dei sardi, perché con leggi eque e mansuete aboliscono gli abusi e frenano le prepotenze dei chierici. Vieta a’ suoi figli il combattere a difesa d’Italia gli austriaci, e invita gli austriaci a pugnare contro l’Italia e i suoi figli. Chiama i francesi a Roma per difenderlo e li ringrazia come liberatori, poi li prende a sospetto e vorrebbe rimandarli come nemici. Rende caro e venerando il nome ortodosso anco agli eretici e agl’infedeli in Europa, in America, in Oriente; e poi lo fa odiare ai cattolici nelle terre italiane e in Roma medesima. Il suo regno mirabile e funesto acchiude nel corto giro di un’olimpiade lo spazio di molti lustri. Nel primo periodo giovò piú egli solo a rimettere la fede in onore e preparare la ribenedizione dei popoli che non i suoi precessori da tre secoli, laddove nel secondo piú valse a partorir l’effetto contrario che una generazione di eretici e una seguenza di antipapi.

Queste ripugnanze parranno tanto piú strane quanto che in Pio come uomo e come sacerdote non vi ha che riprendere. Anzi tutto nel privato è degno di lode: costumi innocenti, aspetto venerando ed amabile, contegno grave e irreprensibile, animo benevolo e inclinato alla mansuetudine, coscienza timoratissima, zelo sincero e ardente di religione, cuore intrepido ai pericoli della persecuzione e del martirio. Egli sarebbe buono e gran principe, se a tal effetto bastasse Tesser pio di fatto come di nome e se la santitá annullasse quella legge di natura per cui il valere in politica è proporzionato al sapere. Ma nel maneggio degli affari prova assai meglio una virtú mezzana accompagnata da sufficienza che una virtú eroica ma imperita, perché l’accortezza pratica e non mica la bontá dell’intenzione fa conoscere gli uomini e le cose loro. Dedicatosi fin da principio al nobile e faticoso ufficio delle missioni e poi assunto a un grado elevato di amministrazione ecclesiastica, Giovanni Mastai non ebbe tempo né agio di vacare agli studi; cosicché eziandio nelle materie sacre egli è costretto di ricorrere al giudizio degli altri, che facilmente ne abusano. Quindi è che