Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/7



CAPITOLO DUODECIMO

della politica nazionale

La politica dei democratici, come giá toccammo di passata, non può essere perfetta se non è conservatrice, come quella dei conservatori ha del difettuoso se non è democratica. E siccome gli opposti se sono disgiunti riescono estremi viziosi, perché non si correggono né temperano a vicenda; altrettanto accade alle due dottrine civili se l’una si scompagna dall’altra, sdrucciolando ciascuna nel vizio che le sta vicino, il quale propriamente non è altro che l’eccesso suo. Per tal modo i democratici diventano puritani e i conservatori si trasformano in municipali, giacché il municipalismo e il puritanismo sono la corruzione del buono che trovasi nelle altre due parti. Ma, secondo le leggi della dialettica, gli estremi non si accordano senza l’opera di un terzo elemento, che a guisa di mezzo armonico li ravvicini ed unisca; il che non potria aver luogo se il detto elemento non signoreggiasse i due altri e non gli acchiudesse in se medesimo sommariamente. Ora l’idea che sola può adempiere l’ufficio conciliativo tra i conservatori e democratici è quella di nazione, perché negli ordini politici questo concetto sovrasta e comprende gli altri, come il genere comprende le specie e l’universale i particolari. «Nazione» importa stabilitá e moto, mantenimento e progresso, unitá e varietá, autoritá e franchigie, centralitá e diffusione, proprietá e partecipanza, capitale e lavoro, plebe e popolo colto, cittá e famiglia, municipalitá e patria, anfizionia e cosmopolitia, azione concentrica ed eccentrica, giure proprio e giure comune,