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diritto di sopravvigilare il magistrato esecutivo, ma non debbono farlo senza cognizione di causa; e quando nasce dissidio tra i suoi membri, debbono udir le due parti prima di sentenziare. Se quella di Torino l’avesse fatto quando era tempo e mi avesse pubblicamente o privatamente invitato a parlare mentre la cosa era integra e prima che mi corresse l’obbligo di tacere, ella non avrebbe probabilmente deciso che «il ministero avea bene interpretato il voto della nazione»1. Imperocché tali decisioni non han valore se non quando la voce pubblica e la storia le confermano. Non era ancora passato un mese dopo il partito della Camera, e i ministri «benemeriti» precipitavano la causa italiana a Novara; non un anno, e Venezia, Roma cadevano, Carlo Alberto moriva in esilio, i tedeschi occupavano la Toscana, e incominciava una tirannia spaventevole per l’Italia meridionale, la quale non credo che ora tenga i rettori subalpini di marzo per «buoni interpreti del voto della nazione». Cosicché se qualcuno si dovesse porre in accusa, egli è probabile che tal sorte non toccherebbe a me, come alcuni allora opinavano. La collera dei quali era accresciuta dai pubblici applausi che non cessavano in mio favore, e ci prendevan parte gli stessi soldati di guardia che avean dai ministri il carico d’ impedirli. Noterò a questo proposito che né al biasimo addossatomi nella Camera per cotali dimostrazioni né al partito suddetto né alla proposta di accusa, i conservatori che vi sedevano non dissero parola per giustificarmi; laddove il Siotto Pintor, il Viora, il Monti, il Lanza e il Montezemolo, che appartenevano al novero dei democratici, pigliarono caldamente la mia difesa2. Mi è caro il ricordarlo, cosi per far atto di pubblica riconoscenza verso quei generosi, come perché da questo accidente si può ritrarre qual fosse la nobiltá d’animo e il coraggio rispettivo delle due parti.

E in vero adesso che le intenzioni e i fatti si sanno, io chieggo agli uomini netti da ogni studio di parte chi fosse piú nazionale e democratico fra me e coloro che mi abbandonarono.



  1. Documenti e schiarimenti, xiii.
  2. Ibid., xiii, xv.